«Qualcuno mi aiuti ad assistere mio marito malato di Sla»
Katy Turini, 43 anni, di Fornacette, è una donna che la vita ha messo a dura prova. Katy è madre di tre gemelli ventunenni di cui due handicappati gravi fin dalla nascita con patologia di tetraparesi spastica (vivono entrambi su una sedia a rotelle) e moglie di un quarantaseienne al quale dal luglio 2012 è stata diagnosticata la Sla. «Abitiamo a Fornacette da generazioni. Mio marito aveva un’attività termoidraulica inizialmente con il padre ed in seguito con operai, attività che ha continuato uno dei miei figli, Matteo, costretto ad interrompere gli studi universitari per poter prendere in mano la situazione. Senza alcuna esperienza lavorativa potete ben capire quanto può rendere questa ditta, oltretutto mio suocero ha dovuto anch’egli abbandonare il tutto per aiutare me ad accudire suo figlio e nipoti».
La Sla è una brutta bestia. «Nel caso di mio marito è di quelle galoppanti ossia porta velocemente all’infermità totale. In meno di un anno mio marito ha già raggiunto la fase peggiore. Adesso è un vegetale che non riesce quasi più a comunicare (fino all’estate riusciva con il computer e solo con l’uso degli occhi a comunicare qualcosina) ma con un cervello ed un cuore molto funzionante. Pieno di dolori atroci che gli creano problemi, anche solo per alzarlo o spostarlo o vestirlo. Riusciamo a capirlo solo attraverso lo sguardo quando riesce a tenere gli occhi aperti o con le smorfie che fa il suo viso o quando con l’uso di una tavoletta alfabetica riesce a puntare con lo sguardo le lettere».
Ogni giorno che passa i muscoli degli occhi si stanno indebolendo. «Per noi è sempre più problematico riuscire a capire le sue esigenze. – si sfoga la donna – Come se non bastasse anche a mia suocera le è stata diagnosticata la stessa malattia del figlio (ma essendo più anziana la malattia procede molto più lentamente rispetto a Leonardo ma non risparmia per niente neppure lei)». Anche il suocero si è ammalato, dovrà affrontare lunghe cure e un intervento.
«Fino ad oggi ho usufruito di aiuti di persone esterne a pagamento, dell’aiuto di mio suocero e di mio figlio Matteo, un giovane che nel suo tempo libero anziché fare tutto quello che fanno i suoi coetanei ha sulle spalle un padre e due fratelli (con i quali ha un rapporto affettivo molto intenso). Nel mese di agosto sono riuscita a far ricoverare mio marito a Pontedera villa Leoncini soprattutto perché il personale alle mie dipendenze aveva diritto al suo periodo di ferie e la mia famiglia da sola non ce la poteva fare». Un’esperienza positiva che ha dato respiro alla famiglia. Ora la donna e il figlio Matteo sono all’esasperazione. «Ci siamo visti costretti, già da ottobre, a richiedere aiuto agli assistenti sociali del territorio per usufruire di strutture adeguate, abbiamo chiesto la stessa struttura “Leoncini” a Pontedera. Tutti mi dicono che mi spetta un posto ma quando?».
La donna si è decisa a rendere pubblica la sua storia sperando che questo dia una marcia diversa alle risposte dei servizi sociali. «Ci aiuteranno quando non ce ne sarà più bisogno? Continuando così anch’io e mio figlio presto avremo bisogno di strutture e … cure».
Una disperata richiesta di aiuto. «Non ho bisogno di sentirmi dire di aspettare. Venite a casa mia in qualsiasi momento e dopo vediamo se avete il coraggio di dirmi di aspettare ancora». La donna ha pensato anche di rivolgersi ai carabinieri. Chiede aiuto alle istituzioni prima che sia troppo tardi. Ha scritto sia al direttore generale dell’Asl 5 Rocco Damone, che al presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, e all’assessore regionale alla sanità, Luigi Marroni.
«Conosco la storia – risponde il direttore generale dell’Asl Damone – faremo il possibile. A Pontedera nella struttura chiesta dalla cittadina
un malato di Sla non può andare ma abbiamo chiesto se ci sono posti a Cecina in un’altra struttura». Una soluzione che spaventerà la donna di Fornacette che sarà costretta ad affrontare nuovi disagi per poter andare a trovare il marito