SLA. Una parola impronunciabile . Per i malati, i medici, la gente comune, che non ne sa niente e preferirebbe non sapere.
Per noi, che abbiamo evitato di pronunciarla all’inizio, presi da una paura folle che fosse ‘lei’ e dalla speranza, forse altrettanto incosciente, di una ‘anomalia’ che ci portasse verso altre patologie. Qualunque cosa ma non la SLA.
Sono passati quattro anni e mezzo. Da quei momenti pieni di insicurezza sono cambiate tante cose.
Dei tanti dolori che ci sono capitati, quello di perdere progressivamente l’uso delle gambe, poi delle braccia e delle mani, è stato forse il minore, a fronte dell’insopportabile perdita della possibilità di comunicare, di udire il suono della voce, di potersi chiamare per nome.
La tracheostomia. E’ la salvezza, ma anche l’inizio di una esperienza di vita difficilissima.
La PEG. Fine della possibilità di condividere i pasti, di ‘assaporare’ insieme la vita.
E’ un dolore lacerante.
Trafigge nel profondo.
Poi non si torna indietro.
Si raccoglie con fatica disumana quello che rimane.
A quel punto si corre il rischio di rimanere pietrificati. Di non riuscire più a venire fuori dalle macerie di una guerra in cui sembra che si siano combattute ormai tutte le battaglie.
Sconfitti da un nemico ’invisibile’.
C’è però una via di fuga.
La percezione ce l’hai nel momento in cui comprendi che anche tu puoi combattere con un’arma ’invisibile’ e che questa è l’Amore.
Ti ci aggrappi con tutte le tue forze e la fede lo rinforza.
Sì, la fede. Perché se nella vita ti era sembrato che Dio fosse presente solo nelle esperienze positive, quasi un ‘premio’ di buonacondotta, scopri poi di sentirlo più vicino proprio nel dolore più lacerante.
Allora, forse, tutto ha un senso.
Tutto ha un senso, anche il dolore. Non lo comprendi fino in fondo. Lo intuisci.
Così, riuniti per festeggiare il compleanno di Vincenzo, il 22/11/2015, abbiamo dato vita all’Associazione ‘Con cuore impavido’.
Cè voluto un grande coraggio. Per rimanere. Per continuare a lottare.
Per credere di poter continuare nonostante tutto ad andare avanti e a condurre non solo una vita ‘normale’, ma anche una vita dedicata agli altri.
E’ un grande impegno, ma nella vita contano solo le grandi scelte, quelle che ci chiedono grandi rinunce, ma poi presentano sempre un grande ‘ritorno’, umano, affettivo.
‘Con cuore impavido’ è animata da questo anelito di speranza, che resta, malgrado certe giornate ( nottate) impossibili, in cui gli amici, i parenti, diventano gli ‘angeli’ su cui contare; la grande risorsa.
Così nasce e si fortifica l’idea di una rete di persone coinvolte nel problema, di sensibilizzare, far conoscere…la conoscenza è basilare. Allontana la paura e prospetta soluzioni ai bisogni più impellenti, che sono tanti.
I nostri ‘progetti intermedi’ e poi il grande sogno di una casa del sollievo.
Nei momenti di maggiore sconforto poi, ci ricordiamo sempre le parole del nostro primo socio , don Arcangelo Rotunno :”piangere un poco, ma poi sorridere sempre”, che è il modo giusto per affrontare la vita.
Con lo sguardo pieno di speranza e un ‘cuore impavido’
Vincenzo e Rita