«Accoglienza e dignità per i malati di Sla»
SALERNO – «Tu sola ce la puoi fare, ma non ce la puoi fare da sola». Lo hanno detto anche a Francesca, una ragazza bruna e solare di venti anni, quel brutto giorno in cui al papà è stata diagnosticata la Sla, tre lettere sole per la malattia degenerativa più terribile, dalla quale purtroppo non si guarisce. e allora ha chiesto aiuto, anzi, «auto mutuo aiuto» (Ama), partecipando al gruppo di venti persone, tra volontari, psicologi e familiari di ammalati, che da metà ottobre ha cominciato a riunirsi presso l’azienda ospedaliera e universitaria San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona di Salerno.
Ma al primo incontro, di fronte a quello scambio sofferto di esperienze e di dolore che lascia senza fiato, Francesca non ha retto ed è scoppiata in lacrime. Una testimonianza, la sua, raccolta da Assunta Senatore, la volontaria di Aisla che da otto anni assiste i malati di sclerosi laterale amiotrofica, in prima fila nel nuovo servizio appena inaugurato, con ambiente attrezzato e team di esperti, all’ospedale di Salerno. «Bisogna lavorare ancora molto sulla sensibilizzazione dell’opinione pubblica – esordisce – perché purtroppo siamo impreparati non solo nell’accoglienza del malato ma anche nella tutela della sua dignità». Quando ha deciso di intraprendere la strada del volontariato, Assunta, che lavora come impiegata in una società privata per otto ore al giorno, veniva fuori da un periodo molto difficile: da poco le era morta di tumore la mamma e lei stessa aveva scoperto di avere un cancro al seno. «Sono stata operata – riprende a raccontare – e due anni e mezzo fa ho perso anche mio padre, sempre per un male incurabile. Avrei dovuto sposare di più questa malattia, attivarmi per aiutare gli altri, la ricerca, e invece ho iniziato a studiare la Sla, che non conoscevo».
Il primo incontro fu con Mario: «Di lui mi colpì il fatto che fosse lucido, cosciente, capace di emozioni, di gioie. un cuore e un cervello vivo in un corpo morto». Poi è venuta Carmela, «il motore e il cuore di tutti noi, purtroppo scomparsa di recente». un grande arricchimento, aggiunge trattenendo a stento le lacrime. Ma cosa fa una volontaria accanto a un malato di Sla? «Dà un’ondata di vita, cercando anche di scherzare. Il nostro compito è rendere partecipe il malato di Sla di una vita normale, e non è facile. Noi riusciamo a capire quello che ci dice solo attraverso il movimento degli occhi. Ascoltarlo è fondamentale».
Assunta dedica due ore al giorno al volontariato. Solo il sabato e la domenica ha più tempo, quattro ore. «Ma non è la quantità che è importante ma la qualità». Da quando poi al Ruggi è stato messo a disposizione un ambiente dedicato alle persone con Sla per il day hospital e i controlli periodici, con un’equipe di quindici medici esperti, Assunta ha un punto di riferimento per quello che definisce «intreccio di emozioni e di esperienze». «La Sla – conclude – è una malattia che ancora oggi molti non sanno come gestire e che non ha un’espressione forte e incisiva nelle istituzioni». La sezione Aisla di Salerno, Avellino e Benevento, costituita nel settembre 2011, conta oggi su una squadra di circa venticinque volontari.